Sabato 10 ottobre 2015 - SOS: Men at work
Idee e soluzioni per un’organizzazione del lavoro degna dell’essere umano
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Sabato 10 ottobre 2015 a partire dalle 10:00
Casa Umanista
via Martini,4b Torino
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L’argomento di questo forum è stato il lavoro e la sua evoluzione: nei vari interventi abbiamo cercato di superare il concetto di “lavoro come generatore di dignità” e “lavoro come senso della vita” che sta di sottofondo a tutto il contratto sociale italiano a partire dal dopoguerra ed anche prima.
Forum
10:00 Saluto e benvenuto
10:30 Inizio lavori del forum
Lode a Stachanov, eroe delle cicale Marco Craviolatti
E' in atto da decenni una disgraziata riduzione dell'orario di lavoro: è la "media del pollo" tra chi lavora troppo e chi troppo poco, una forbice che continua ad allargarsi. Le formiche devono lavorare sempre di più per le stesse provviste, le cicale vagano mute alla ricerca delle briciole.
Eppure la produttività del lavoro si è moltiplicata senza sosta.
"Lavorare meno lavorare tutti" si rivendicava un tempo. Allora era una possibilità, oggi una necessità.
Certo una scelta individuale di ben-essere, ma soprattutto un progetto collettivo di giustizia.
Diffusione della conoscenza, open source e senso della vita Giorgio Mancuso
L'esperienza della realizzazione personale nel condividere le conoscenze al di fuori di tutti i paradigmi lavorativi
Tempo di lavoro, Tempo di vita Alessandro Valente
Una visione permaculturale
La globalizzazione finanziaria sta distruggendo il lavoro Stefano Risso
Il TTIP: un altro passo avanti nella direzione sbagliata
Prendersi cura Alberto Guggino
Ripartiamo dal cibo e dalle relazioni: riflessioni di un “diversamente occupato“.
Video Forum
14:00 Intervento di Giuliana Cupi al forum di Alternativa
15:00 L'economia della felicità
16:00 Living without money
Questo forum è il quarto di una serie durata quattro anni.
Nel primo forum, ad ottobre del 2011, abbiamo cercato di evidenziare la violenza economica e la violenza strutturale.
Ci troviamo in presenza di violenza economica quando si attenta contro il sostentamento e le condizioni minime di vita di altri, quando li si spoglia delle loro legittime entrate o proprietà, ecc.
Il concetto di violenza strutturale deriva da Johan Galtung che lo definisce come l'insieme delle forme in cui un regime impedisce agli individui di realizzare le loro piene potenzialità.
Abbiamo cercato di dimostrare come queste forme di violenza pervadano ogni aspetto della nostra vita in maniera subdola ed in molti casi sotterranea, attraverso l’abbassamento dei salari, la delocalizzazione, la precarizzazione, l’interesse sul debito, le necessità e relativi consumi creati dal nulla, le tasse troppo alte non sempre giustificate dal livello dei servizi.
Nel secondo forum, a giugno 2012, abbiamo fatto una carrellata di possibili soluzioni per superare la violenza economica ed aumentare il grado di libertà delle nostre vite.
Nel terzo forum, a ottobre 2013, ci siamo soffermati sul ruolo delle comunità nel cambio radicale dello stile di vita, nel cambio dei paradigmi della vita sociale e dei sui miti, in altre parole come elemento fondamentale delle rivoluzioni nonviolente.
L’argomento di Men at Work è il lavoro e la sua evoluzione: nei vari interventi cercheremo di superare il concetto di “lavoro come generatore di dignità” e “lavoro come senso della vita” che sta di sottofondo a tutto il contratto sociale italiano a partire dal dopoguerra ed anche prima.
Un concetto espresso con forza anche nell’articolo uno della Costituzione Italiana e che ha fondamento antropologico nel concetto di “homo faber”, ovvero di essere umano definito dalla sua capacità di creare strumenti.
Perché mettere in discussione un pilastro del contratto sociale come la dignità del lavoro?
I motivi possono essere tanti e tutti fondamentali.
- A livello antropologico la definizione di uomo come costruttore di strumenti è un po’ angusta: l’uomo non è solo un costruttore di strumenti e questo suo costruire non può dargli un senso. In una concezione umanista l’essere umano è un essere storico che trasforma la propria natura attraverso l’attività sociale .
- Andando su temi più pratici, questa concezione del lavoro si sta trasformando sempre di più ed a tutte le latitudini in qualcosa che assomiglia ad un ricatto sociale che ha la sua forza nella paura: paura di perdere il lavoro e quindi la dignità per chi un lavoro ce l’ha, paura di non riuscire a vivere una vita degna per chi un lavoro non ce l’ha. Paura e ricatto sono un indicatore di violenza, come abbiamo già stabilito in precedenza.
- In ultimo, una pura considerazione matematica: la piena occupazione, nel contesto del sistema economico vigente, richiederebbe un livello di consumo incompatibile con le risorse del pianeta. Sappiamo quindi già che la piena occupazione è impossibile e quindi è già previsto che strati sempre più grandi della popolazione mondiale non avranno accesso al lavoro e questo non solo nei paesi tradizionalmente in difficoltà, ma anche nella ricca Europa.
Occorrere quindi pensare ad un sistema di ridistribuzione delle risorse che affranchi finalmente l’essere umano dalla necessità del lavoro senza distruggerne la dignità, che potrà essere guadagnata con altri mezzi.
Cominciare a parlarne è un primo passo.
In ricordo di Giuliana Cupi e del suo infaticabile lavoro di connessione di reti e persone